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Sport giovedì 26 dicembre 2019 ore 12:00

Quindici anni fa ci lasciava il “prode Arduino”

Arduino Casprini (al centro).

Oggi l’anniversario della tragica scomparsa di Casprini presidente della Sangiovannese. Il ricordo del giornalista e amico Leonardo De Nicola



SAN GIOVANNI — Quindici anni fa moriva, in un tragico incidente d’auto, Arduino Casprini il presidente – anzi il presidentissimo – della Sangiovannese.

Nel tardo pomeriggio del 26 dicembre 2004, Casprini – 65 anni, sposato, padre di due figli e imprenditore di successo – era alla guida della propria auto e viaggiava sulla strada che dal Cetinale, dove si trovava il suo stabilimento, porta a San Giovanni. All’altezza della località il Porcellino la Mercedes di Casprini si scontra contro un’altra vettura, nell’impatto il patron azzurro trova la morte lasciando San Giovanni e tutto il Valdarno sotto choc.

Per ricordare il presidente azzurro che stava per realizzare il suo sogno di portare la squadra in serie B, abbiamo pensato di affidarci alle parole di Leonardo De Nicola, giornalista, autore di libri sul mondo del calcio – l’ultimo “100 anni di calcio a Figline Valdarno” – e grande amico di Arduino.

“Amavo definire Arduino il grande capitano. A 15 anni dalla scomparsa tragica e prematura il Valdarno tutto, e non solo San Giovanni, ricordano con affetto e commozione un uomo ed un condottiero senza pari che seppe trasformare i sogni in realtà. Era il mio prode Arduino, un uomo illuminatissimo in grado di anticipare i tempi e dotato di quell’intuito che lo faceva diverso dagli altri. Un principe con una corte estesa e variegata. E se oggi mi chiedono quale fosse il suo principale pregio direi la curiosità che mai l’abbandonava, unita alla capacità di meravigliarsi che lo accompagnava, a volte trenta anni meno della sua età.

Io l’ho conosciuto bene e, avendo il mio carattere, a volte ho finito anche per contraddire certe sue decisioni prese riguardo ad aspetti inerenti principalmente alle cose di calcio. Ma sempre con il sorriso perché in fondo in fondo riusciva sempre a trascinarti dalla propria parte usando le armi più congeniali ad un uomo scaltro, ma che mai veniva meno ai principi della sana e buona educazione.

Nello sport aveva messo il sigillo sul ciclismo, i motori e naturalmente sulla sua creatura più amata, la Sangiovannese portata quasi alle soglie della serie B (e tutti o quasi siamo propensi a credere che ce l’avrebbe fatta). La Sangiovannese di Sorbi, di Acori, di Sannino e di Sarri, quella di Bresciani, Budruni, Baiano e Moscardelli e di una città intera che si riconosceva dietro e dentro la propria squadra. Anni passati troppo in fretta, ma indimenticabili cosi come la sua figura di illuminato principe. Quella piovosa sera di 15 anni fa le lacrime si mischiarono alla triste consapevolezza che ci lasciava un personaggio non replicabile. E il dolore ed il rimpianto andarono di pari passo fino a che il tempo che lenisce le ferite ed annacqua i ricordi prese il sopravvento. Ma parlare del capitano a 15 anni dalla morte è qualcosa che ci tocca ancora e ci fa stare male”.


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