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Attualità mercoledì 21 luglio 2021 ore 14:57

Valentino Shoes lascia Levane?

L'incendio allo stabilimento Valentino Shoes di Levane nell'aprile scorso
L'incendio allo stabilimento Valentino Shoes di Levane nell'aprile scorso

A tre mesi dal rogo che ha distrutto lo stabilimento non c'è un piano industriale, i sindacati temono che l'azienda vada via. E annunciano battaglia



LEVANE — Incontro con la proprietà e con il Prefetto di Arezzo per avere certezze sul futuro della Valentino Shoes: l’azienda resterà a Levane ricostruendo la fabbrica distrutto dal rogo tre mesi fa garantendo il lavoro ai suoi 180 dipendenti o ha intenzione di trasferirsi? Su questo punto vogliono chiarezza i sindacati che annunciano battaglia – anche con un nuovo sciopero - per sapere come stanno davvero le cose.

Quando l’incendio – scoppiato il 2 aprile scorso – non lasciò quasi più niente del calzaturificio Valentino Shoes nell’area industriale di Levane (nel comune di Bucine) si parlò subito di ricostruire lo stabilimento sulle sue ceneri: prima possibile e nello stesso luogo. Ma a tre mesi di distanza non c’è ancora un piano industriale che annunci l’inizio dei lavori o la volontà di intervenire. È quanto sottolineano i sindacati preoccupati che la casa di moda - da anni con una sede produttiva in Valdarno - possa lasciare la vallata per trasferirsi altrove.

“Ormai è chiaro: l’azienda Valentino Shoes Lab dopo tre mesi dall'incendio non ha uno straccio di piano industriale che porta a pensare che ci possano essere soluzioni fuori dal Valdarno Aretino” dichiarano Innocenti e Scherrillo rispettivamente rappresentanti Filctem Cgil e Femca Cisl. Una sensazione che nasce alla luce dell’incontro tenutosi con i vertici dell’azienda, i quali “si sono semplicemente e superficialmente limitati a ribadire lo stato di precarietà, che nessuno nega, e che la Valentino Shoes Lab in Valdarno non è una priorità, ma una ipotesi insieme ad altre”.

“Una situazione pesante e dai toni alti – proseguono le rappresentanze di categoria - che evidenzia la chiara volontà di non dare il giusto riconoscimento a questo territorio nonostante che, all’indomani dell'incendio del 2 aprile, insieme alla sua gente si è mobilitato mettendo in piedi una gara di solidarietà senza eguali per permettere ai 180 dipendenti di ritornate al lavoro prima possibile e di non interrompere la produzione; anche i bambini, nel giorno della prima comunione, con aquiloni e colombe sostarono davanti ai cancelli dell’azienda”.

“Sconcerta - proseguono le organizzazioni - constatare la superficialità con cui trattano l'argomento i dirigenti nazionali dell'azienda, poco o nulla importa, delle maestranze e di un distretto industriale della calzatura da donna riconosciuto per l’altra professionalità così come dell’intero indotto. Azienda, che è arrivata in questo territorio e che ha potuto, da subito, avvalersi di personale già formato, ma che ora rischia di disperderlo e allontanarlo dal Valdarno; come poco sembra importare il sacrificio quotidiano dei dipendenti, un terzo dei quali va ogni giorno a Capraia 'dividendo' lo stabilimenti con gli operai di un altro stabilimento del gruppo; un terzo lavora in uno stabilimento in affitto messo a disposizione in Valdarno da Prada e un terzo è ospite di un altro fabbricato della Valentino”.

“La sensazione è che per l'Azienda la partita sia diretta da persone che non considerano il settore, le sue problematiche e le sue potenzialità; che non conoscono il territorio e tutte le opportunità che può offrire. La nostra domanda, la nostra richiesta è una sola ed è semplice: dateci la garanzia che investirete nel Valdarno Aretino. È sconcertante che un'Azienda come Valentino a oggi non sappia rispondere”.

Non esistono motivi oggettivi per allontanarsi – aggiungono ancora Filctem Cgil e Femca Cisl – “Qui abbiamo i terreni che i vari sindaci mettono a disposizione per costruire il nuovo; qui abbiamo capannoni, purtroppo vuoti, che possono essere riempiti; qui abbiamo le professionalità; qui abbiamo Aziende che possono rispondere immediatamente a esigenze produttive. Non capiamo quindi tutto questo tergiversare.

“È del tutto evidente che questa situazione - concludono Innocenti della Filctem e Scherillo della Femca - non può essere tollerata, da qui la decisione di chiedere, sia un incontro alla proprietà, sia una convocazione da parte del Prefetto. Sullo sfondo il possibile inasprirsi dello scontro sindacale e allo sciopero di un’ora dello scorso 16 luglio potrebbero seguire altre iniziative”.


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